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PRIDES
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---Matrimonio gay e migranti: l’Italia non c’è
Caro Beppe, mi sento fiero di essere americano. La decisione della Corte Suprema che ha sancito il diritto a sposarsi anche a coppie dello stesso sesso, è stata una vittoria di civiltà. In una società democratica, tutti gli individui, indipendentemente dal loro orientamento sessuale, genere o etnicità, devono essere trattati in modo uguale. Purtroppo non mi sento fiero di essere italiano, uno dei 9 paesi in Europa dove ancora non c’è nessuna tutela per le coppie omosessuali e dove trattiamo gli immigrati come appestati.Vittorio Maio, vittorio.maio@jefferson.edu
Sulla storica decisione della Corte Suprema, che tutti gli americani di buon senso rispetteranno, torneremo. Sono d’accordo anche con il tuo fastidio, Vittorio, per un’Italia “dove ancora non c’è alcuna tutela per le coppie omosessuali” (solita ignavia della politica, non tanto pressioni della Chiesa cattolica).Mi sembra invece frettolosa, e ingenerosa, l’ultima affermazione. Non trattiamo gli immigrati come appestati. Siamo in prima linea davanti a un fenomeno epocale, e siamo impreparati: politicamente, legislativamente, socialmente, psicologicamente. Abbiamo accolto meno rifugiati di altri Paesi, è vero. Ma in Italia fatichiamo a distinguere tra questi (profughi) e gli altri migranti, che non possiamo accogliere senza limiti e senza distinzioni. Non lo fanno neppure gli USA, come sai, il Paese che ti ha accolto e dove vivi. Eppure è una nazione con ben altra storia, e sull’immigrazione è costruita. Gli egoismi, la miopia, la grettezza ci sono, in Italia. Ma è innegabile: il numero di nuovi arrivati, in alcune aree, è ormai difficilmente gestibile (ero a Brescia, sabato, quarta città per numeri di nuovi arrivi, alle prese con tensioni fortissime).
L’Unione Europea, da un lato, non sopporta le nostre amnesie, le nostre sciatterie, i nostri controlli relativi (in modo che i nuovi arrivati scivolino silenziosamente verso nord). Dall’altro, non capisce il nostro timore di fronte a un fenomeno, in prospettiva, sconvolgente: Iraq, Siria e Libia nelle mani di estremisti, Eritrea in guerra, Somalia e Yemen allo sbando, la Turchia che fa il doppio gioco. Dove fugge la popolazione? Verso nord. E chi sta di là dal mare? L’Italia, non la Polonia, l’Estonia o la Gran Bretagna.
Stiamo assistendo a uno scontro di egoismi, in Europa, e non porta da nessuna parte. Anzi, no: porta nel baratro, ma non è dove vogliamo andare. - QUI-
I figli sono un desiderio per tutti, ma un diritto per nessuno
Caro Beppe, sono omofobo.
Sono omofobo perché penso che i figli non siano un diritto ma un
desiderio. E trasformare i desideri in diritti penso sia pericoloso.
Sono omofobo perché credo che tutti i figli abbiano una mamma e un papà
e, anche se le cose dovessero poi andare male, quel papà e quella mamma
rimarrebbero tali e nei loro rispettivi ruoli (che ritengo sussistere
non per sovrastruttura). Sono omofobo perché credo nelle differenze e
nel valore delle stesse, maschio e femmina sono profondamente diversi.
Sono omofobo perché ritengo che esista un limite a ciò che l’uomo può
cambiare del suo destino e l’asticella di quel limite non è spostabile
al bisogno. Un figlio nasce dalla diversità, dall’incontro tra un uomo
ed una donna. Viene al mondo solo così e non credo che la Natura sia
considerabile omofoba per questo (esisteva già prima dell’omofobia). Io,
se lo dico, sì; e chissà se in futuro sarà almeno consentito pensarlo.
Sono omofobo perché credo che i diritti (sacrosanti)
per le coppie omosessuali debbano essere garantiti. Fra questi diritti
non metto tuttavia i figli, e non li metto per nessuno, eterosessuali
compresi. Sono omofobo perché credo che non si debba affittare un utero,
pagare per generare vita, bombardare ovuli per forzare qualcosa che non
dipende più da noi. Sono omofobo perché accetto i miei limiti e credo
che un futuro privo di consapevolezza dell’umano essere non potrà che
trasformarci da persone a prodotti. Non sono cattolico e non sono un
uomo di fede.Ruggero Raimondi, freedomisnotafreespace@gmail.com
-QUI-
Matrimonio gay: la sentenza USA apre nuovi dubbi
Caro Beppe,
Mi spiace, ma sul matrimonio gay, con la tua risposta a Vittorio Mario
“Matrimonio gay e migranti: l’Italia non c’è” ( http://goo.gl/aLk5pU )
hai deciso di schierarti dalla parte dell’irragionevolezza.
La sentenza della Corte non mitiga i severi dubbi sul matrimonio gay,
anzi: li aumenta.
Invito tutti a leggere l’opinione di maggioranza della Corte Suprema (
http://goo.gl/Ae2wt6 ): è un monumento all’assurdità.
L’argomento di Kennedy è, fondamentalmente, che, essendo il matrimonio
un procedimento giuridico, esso non può essere negato a nessuno
(principio del “due process”, che possiamo tradurre come certezza del
diritto).
Ovviamente è un assurdità antigiuridica, perché trascura l’importante
fatto che l’uguaglianza ha senso solo “a parità di condizioni”. Che qui,
ovviamente, non ci sono.
Negli USA è già chiaro a molti giuristi e commentatori, anche di
sinistra, che questo crea le basi giuridiche per legalizzare la
poligamia (anzi, propriamente la “polyamory”), come si legge in questo
articolo a favore di “Politico Magazine”, l’autorevole rivista di
sinistra ( http://goo.gl/Dmszlv ) e il matrimonio tra consanguinei
adulti (fratelli e figli inclusi). Attenzione, quello che sto
evidenziando è un fatto tecnico: di fatto, la Corte ha distrutto le basi
giuridiche per impedire in futuro queste cose.
Inoltre, manca un serio dibattito sul futuro della riproduzione. È
chiaro che uno dei motivi per cui Big Corporate sostiene la causa del
matrimonio gay è il fatto che la riproduzione sarà il grande business
del XXI secolo.
Il matrimonio gay non solo ammette, ma obbliga, a che la riproduzione,
da mero fatto umano interno alla coppia, diventi un fatto commerciale e
tecnico. Chi sostiene che il supporto al matrimonio gay viene solo dal
libertarianesimo USA, trascura il grande richiamo delle ideologie
transumane, neo-malthusiane, della “singularity” nelle tecnocrazie
globalizzate.
È ora di discutere seriamente di queste cose, prima di lanciarsi alla
cieca al traino degli USA.Giuseppe Scalas, g_scalas@mail.com-QUI-
USA: quel ricco mercato che ruota attorno alla lobby gay
Caro Severgnini,
vedere tutta la sinistra, da quella tradizionale a quella radical-chic, a
quella di governo, gioire per la sentenza della Corte Suprema degli
Stati Uniti riguardo al matrimonio omosessuale, lascia sbalorditi. Ma
gli USA sono o no il Paese supercapitalista dove la pena di morte è
largamente praticata, dove tutti possono girare armati, e dove i
poliziotti sparano (ai neri) prima di interrogare?
Il fatto è che gli USA pensano al ricco mercato che ruota attorno
alla lobby gay, e la nostra sinistra al mercato dei voti, avendo perso
quello della classe operaia. I diritti individuali non c’entrano.
Personalmente penso che gli esseri umani dovrebbero avere il diritto di
stringere qualsiasi sodalizio di carattere affettivo e patrimoniale,
senza distinzione di razza, sesso, religione, condizione sociale
economica e politica. Ma che a questo sodalizio trovino un nome diverso
da matrimonio, che è l’unione, ufficialmente sancita, tra un uomo e una
donna, biologicamente in grado di procreare. Non saranno le mielose
parole di un magistrato americano a rimediare a quella che è una
forzatura.Enrico Muttoni, enrico.muttoni@alice.it-QUI-
Omosessualità: come si può escludere che sia una malattia?
Caro Severgnini,
qui a New York vedo bandiere del movimento LGBT fuori dal municipio e
da alcune chiese, in Italia non ancora, ma di bandierine arcobaleno se
ne vedono a profusione anche sui profili facebook. A questi desidererei
porre alcune domande.
Come si può escludere che sia una malattia – non dico che lo sia –
quando non se ne conoscono le cause? La motivazione: “Non è una malattia
perché esiste in natura, anche altre specie animali mostrano
comportamenti omosessuali”, implica il fatto che per essere una malattia
l’omosessualità non dovrebbe esistere in natura. Se ciò fosse vero
allora le malattie non esisterebbero in natura.
Sempre per l’incertezza riguardo le cause, come si può escludere la
possibilità di cambiare orientamento sessuale con terapie psicologiche?
Secondo l’ex presidente della APA, Nicholas Cummings gli omosessuali
possono cambiare orientamento in certo casi. Perché attaccare pazienti e
psicologi che perlomeno ci vogliono provare?
Su quale principio si basa il concetto: matrimonio omosessuale sì;
poligamia e incesto no? Mi son sentito dire che sono cose diverse. In
base a cosa? Se il matrimonio omosesessuale è lecito, perché non
dovrebberlo essere anche altri tipi di matrimonio? Se motivazione
genetiche devono impedire la legalizzazione dell’incesto, perché il
fatto che coppie omosessuali non possono avere un rapporto sessuale
completo non è un principio valido? Non è forse la finalità riproduttiva
la prima, benché non l’unica del matrimonio?
Per lo stesso motivo, come giustificare il permesso alle coppie
omosessuali di avere figli, quando in natura non solo non possono
averli, ma non possono nemmeno provare ad averli?
Detto questo, sono favorevole ad un riconoscimento dei diritti delle
coppie omosessuali in materia di assistenza al partner malato e
successione, ma provo disgusto per la campagna della lobby gay contro
chi non è d’accordo, campagna che di liberale non ha nulla. Cordiali saluti, -Simone Buzzi, lowell1978@hotmail.com-QUI-
La Corte Suprema USA, il matrimonio gay e il 14° emendamento
Caro Severgnini,
mi permetto di utilizzare un po’ piu’ di spazio sulla questione della
decisione della Corte Suprema americana sul matrimonio omosessuale,
anche perche’ le analisi in Italia sono fino ad ora state molto
superficiali per una materia assai complessa.
Invece di guardare alle opinioni dissenzienti ultra conservatrici ha,
penso, molta piu’ valenza l’opinione dissenziente tecnica del giudice
Roberts che presiede la Corte Suprema.
I giudici progressisti vedono il diritto a sposarsi come (1) un diritto
sancito dalla privacy sulla quale non deve esserci alcuna influenza
dello Stato (come il diritto a ricevere anticoncezionali e all’aborto); e
(2) un diritto sancito dalla clausola di pari protezione e di giusto
processo del 14° emendamento, assimilando cosi il diritto a sposarsi per
due persone dello stesso sesso, al diritto a sposarsi di due persone
di razza diversa, sostenendo quindi che la protezione costituzionale
nei confronti di persone con diverso orientamento sessuale e’ uguale a
quella concessa a persone di razza diversa contenuta nel 14°
emendamento. Tuttavia, secondo l’opinione dissenziente, mentre i diritti
protetti dal 14° emendamento sono chiaramente enumerati, il diritto a
sposarsi non figura tra quelli (il diritto di eguaglianza che scaturisce
dalla differenza di razza, per esempio, e’ enumerato come un diritto
protetto dalla clausola di pari protezione, come lo e’, in alcune
costituzioni statali con clausole equivalenti al 14° Emendamento, il
diritto alla propria “sexual orientation”). Invece, il diritto a
sposarsi non e’ citato perche’ lasciato alle definizioni di ciascuno
stato. Anche l’argomento che il diritto a sposarsi sia sancito da un
diritto fondamentale alla privacy su cui lo stato non deve interferire
non ha basi, perche’ tutti gli Stati regolano il matrimonio non per
“interferire”, ma per proteggere l’istituzione stessa. Pertanto, dice
Roberts, nel momento in cui non esiste alcun precedente in vigore ne’
nella Costituzione ed i suoi emendamenti, ne’ nell’ ambito delle
liberta’ fondamentali sancite da un’applicazione estensiva del diritto
alla privacy, la maggioranza progressista non puo’ che appoggiarsi ad
una definizione lata di “liberta’ fondamentale” che permette
l’applicazione del 14° emendamento.
Ma tale fondamentale liberta’ (a differenza di casi simili che hanno
permesso l’estensione del giusto processo sostanziale a protezione di
certi diritti) dovrebbe essere o non sancita da una legge statale (per
esempio non lo era nell’ambito di un caso relativo alle ore lavorative
nello Stato di NY di piu; di 60 anni fa, Lochner vs New York) o negata
dalla stessa (il diritto a pratiche omosessuali in privato come lo era
in Georgia fino agli anni 80) per far valere il 14° emendamento come
applicato dai giudici progressisti. Nel caso del matrimonio, pero’ non
solo il diritto non e’ negato, ma e’ esplicitamente sancito dalle leggi
dei 50 stati. Pertanto, si arriva ad una “inedita” applicazione del 14°
emendamento, che invece di introdurre un diritto (perche’ inesistente o
negato) ne modifica la natura, eliminando la definizione sia della
common law che delle leggi di almeno 25 stati. Tale risultato porta
all’eliminazione della separazione del potere legislativo da quello
giudiziale attraverso una correzione costituzionale di dubbia logica,
secondo Roberts, che si fonda su un altrettanto inedito concetto di “non
liquet” costituzionale, quando i giudici progressisti affermano che,
dopo tutto, l’estensione del 14° emendamento al matrimonio per
ammetterlo alle persone dello stesso sesso, non danneggia ne’ gli stati
che non hanno adottato tale definizione, ne’ chi ne richiede una nuova
definizione. Ma tale approccio rischia di sminuire sia la definizione di
matrimonio (che rimane quella tradizionale per la maggioranza degli
americani: questi sono si in maggioranza favorevoli a che i gay si
sposino, ma non che la definizione di matrimonio venga cambiata!), che i
fondamentali elementi di qualsiasi analisi legale-costituzionale,
sconfinando in un’analisi filosofica del tipo “e’ giusto cio’ che e’
giusto”. La perplessita’ di tale approccio e’ ben descritta
dall’argomentazione “ad absurdum” di Roberts che, partendo dal
presupposto (ammesso dalla maggioranza dei giudici) che ciascun
elemento della definizione di matrimonio e’ di uguale valore, si puo’
ora mettere in discussione ogni tale elemento, se uno Stato adotta una
definizione che danneggia persone che vedono in quella definizione una
sminuizione dei loro diritti: Roberts si chiede dunque se possa esservi
un diritto fondamentale al matrimonio “plurimo” nelle culture che lo
sostengono.
La conclusione di Roberts esprime perfettamente i sentimenti di molti
in USA (al di la’ di Manhattan e della California): in quelle parti
degli USA non vivrei, e molti europei le troverebbero poco ospitali ma,
nel bene e nel male, costituiscono una maggioranza rilevante, mentre il
numero di persone assolutamente contro il matrimonio gay (contrariamente
a quanto sembra nella stampa europea) e’ pari a quello di coloro che
intendono liberalizzarlo al massimo (circa 30 percento ciascuno).
Un cordiale saluto,Duccio Mortillaro , duccio.mortillaro@dentons.com-QUI-
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